venerdì, settembre 29, 2006

cronaca nera di paese

settimana nera, moolto nera. Sono in piazza, mi prendo un campari allungato prosecco. Siedo difronte alla fontana. Che porcata di fontana.
Domani stesso copione? Spero invano di no. E' pieno di gente. Misento come un bruco trascinato a forza in un formicaio per essere mangiato mentre si piange addosso. E' la vita caro, non ci puoi fare nulla. Fai quello che devi fare, possibilmente senza rompere le palle.
Passano le persone e trattengo il respiro, mi schifa il puzzo che alcuni si tirano dietro e non voglio farmi sorprendere. In guardia, ne passano altri. La massa sta formando una cappa di nebbia: nebbia mediocre, nebbia autunnale, siamo in stagione. Passano parti per il tutto, metafore ambulanti.
Guardo e provo invidia, sono contenti, se la ridono. Sereni come potrebbe esserlo un mulo forse, ma sereni. Almeno in apparenza.
Bambini. Che gioia devono dare: uno scopo, un fine chiaro, il meglio che si possa chiedere. Quando si muore si è soli, ma con dei figli questo è vero solo in parte. Riescono a fornire forse l'unico legame che non si puo spezzare mai. Sangue. In un modo o nell'altro un figlio ti vuole sempre bene. Gli amori passano, il sangue resta. Dimenticavo che la pratica necessita il fare sesso... diamine, queste formalità! Ha ragione mio padre, è la burocrazia a rovinare il mondo. Sono contenti di correre dietro alle loro bestiole, attenti che non tocchino lo sporco. Un bambino mangia circa due chili di sporco l'anno, e il bello è che gli fa bene. Si fa anticorpi. -Mangia lo schifo, che fa bene!-
La nebbia si fa fitta, troppo fitta, non prendo fiato. L'unica scappatoia è guarare in alto. Il cielo, con le prime stelle che si fanno vedere. Sfottono. Se ne fregano dei problemi che ti fai, uomo occidentale. Siamo incentrati su noi stessi e non ci rendiamo troppo conto che se facciamo qualche stronzata quelle continuano a splendere. Il mondo continua a girare, se ne frega. Dovremmo fregarcene un po' di più pure noi. Quanta arroganza, piccolo uomo occidentale.
Finisco di alzare il naso per tirare qualche boccata d'aria, finisco lo spritz e vado a fare refill. Aspettando che la pratica si concluda vado in bagno. C'è un poster del Che sulla strada. Entro in bagno e lo incontro. Siamo in una capanna in mezzo alla foresta, c'è afa, il sole è basso, siamo circondati da babù e c'è odore di sigaro. E' sdraiato su un amaca, bell'uomo sotto i trenta. "Come andiamo?" gli chiedo. "beh..." - "Fai medicina pure te, eh?" - non mi degna di risposta, guistamente. Sorride. "Beh, è stato un piacere, ti stimo, sai?". Silenzio. Erano tempi vivaci i suoi. Rivoluzioni, ideali, oggi c'è solo sienzio. Siamo diventati muti.
La pratica è conclusa, prendo il bicchiere, torno al posto. Lo conosco nelle più intime curve quel bicchiere. Sempre lo stesso spirito tentatore. Infame rimedio.
Chopin tiene compagnia e fa abbassare un po' la nebbia. E' sempre disponibile, basta premere un bottone. Abbiamo la possibilità di accompagnare Chopin a un panino da Mac Donalds, a un viaggio in metropolitana, a una passeggiata per la città. Bello? Terribile? Sicuramente paradossale.
Focalizzo su una coppietta, adorabili. Come li odio.
Giorni fa devo averti sognata, non ricordo il sogno ma mi sono svegliato felice. Si, sono sicuro di averti sognata. Sono bastate due ore di realtà per farmelo dimenticare. E' stato breve ma intenso. Ne è valsa la pena, pur considerando l'amarezza che è susseguita.
I sessantottini, hanno visto appassire le speranze e gli ideali in cui credevano, ma non credo rimpiangano di aver vissuto la speranza, anche se solo per un momento.
Ecco che alla sinistra si materializza la compagnia della serata. Si preannuncia contatto sociale, bisogna impegarsi. Sono negato ma mi do un gran dafare. Ingrano e via, birrino, tramezzo e chiacchere già fatte molte volte. Sono allenato. Si preannuncia una gran serata.